domenica 24 gennaio 2010

La dama di corte e la cultura nel Medioevo

INTRODUZIONE
L’inizio del Medioevo coincide con la fine della società romana e la sovrapposizione a questa delle strutture sociali della società germanica.
Ciò significa lo sfacelo stesso della nozione di Stato, a cui si sostituiva il legame di sangue o il rapporto di subordinazione personale ad un signore, che garantiva la sopravvivenza e la tutela giuridica. Era questa la struttura sociale alla base del rapporto feudale, fondato sull’assegnazione dei territori come ricompensa.
La città, per il prevalere dell’economia agricola basata su scambi in natura perdeva d’importanza anche se sede del vescovo e centro della diocesi.

LA CULTURA
Questa situazione sociale, che è alla base del rapporto feudale, è caratterizzata dai complicati cerimoniali dell’omaggio reso dal vassallo al signore, che sono un esempio dell’importanza che avevano i simboli per gli uomini del tempo.
Essi vivevano in condizioni d’estrema insicurezza: il mondo materiale appariva come il riflesso di un mondo nascosto, più bello e soprattutto eterno, il regno di Dio, il Paradiso. Così ogni oggetto, gesto o parola non interessava tanto per se stesso ma per il significato profondo e nascosto che simboleggiava.
Una conseguenza importante di questa mentalità era la scarsa fiducia nella possibilità dell’uomo di intervenire attivamente per cambiare le cose. Le calamità e le malattie, ad esempio, erano sopportate come “segno” di un castigo divino. Non si pensava tanto di poterle curare quanto di dover pregare Dio per esserne liberati.

Scienza, arte e letteratura.
La scienza e le sue applicazioni tecniche, erano piuttosto estranee alla mentalità medioevale; gran fascino avevano le cerimonie religiose, i riti magici volti a ottenere l’aiuto di Dio o di forze superiori.
L’originalità dell’epoca medioevale e la sua vitalità sono testimoniate dallo sviluppo artistico. La scultura non è ancora considerata come arte autonoma; si diffonde la pittura su vetro colorato. Per quanto riguarda il secolo XV, lo splendore artistico della Firenze dei Medici, illustrata dai nomi di Brunelleschi, Donatello, Piero della Francesca, appartiene cronologicamente all’era medioevale, ma costituisce propriamente la prima fase del Rinascimento Italiano.
Un’altra forma d’arte, il teatro, era molto rara, l’unica conosciuta prese il nome di sacre rappresentazioni che raccontava la storia della vita di Gesù e dell’Antico Testamento.
Nella Divina Commedia, capolavoro di Dante, confluisce l’insieme della cultura medioevale. Dante è il fondatore della letteratura nazionale, il Boccaccio della prosa narrativa moderna e il Petrarca della poesia lirica nazionale.

La scuola
Molto spesso, nell’alto Medio Evo e per tutto il Medio Evo, per ciò che riguardava le classi più umili l’unica “scuola” era la famiglia stessa. I giovani non imparavano quasi mai a leggere o a scrivere, ma erano istruiti dal padre nel mestiere che di generazione in generazione era tramandato nella stessa famiglia.
Le prime vere e proprie scuole furono aperte per volere di Carlo Magno: erano istituite presso i conventi, le chiese parrocchiali e le cattedrali e provvedevano non solo all’istruzione dei novizi e all’educazione dei giovani votati al sacerdozio, ma anche a quella dei laici. L’insegnamento era talvolta impartito in latino e la disciplina era molto severa.
Con lo sviluppo dei commerci e delle industrie, alcune scuole cominciarono ad impartire un insegnamento pratico. Esse erano chiamate scuole “abbaco”[1]: vi erano preparati coloro che dovevano lavorare nel settore commerciale.

L’amor cortese
I signori feudali della Francia meridionale erano soliti circondarsi di una piccola corte di cavalieri e dame e davano feste e ricevimenti spesso rallegrati dalle canzoni dei trovatori. Questi poeti -musicisti usavano un volgare molto diffuso nella Francia del sud, la Lingua d’oc («oc» significa «sì»), molto diverso da quello parlato al nord, cioè la Lingua d’oil, da cui deriva il francese di oggi. La loro poesia è detta cortese, perché si rivolgeva al pubblico delle corti, celebrando il mondo feudale e cantando le gioie e le pene dell’amore.
La società di corte apprezzava le buone maniere. Per meritare l’amore di una donna non bastava che il cavaliere fosse un guerriero coraggioso, doveva anche essere gentile e generoso, usare modi raffinati e saper parlare con spirito.
E poiché l’amore cortese non aveva niente a che fare col matrimonio, ma era rivolto di regola a una donna già sposata ad un altro, egli doveva saper amare in segreto, per evitare le chiacchiere dei maligni. Nella società di corte l’eroe preferito era Artù, il mitico re di Bretagna, attorno a cui si raccoglievano i cavalieri della Tavola Rotonda.
Molti romanzi fiorirono intorno a questi eroi, che erano pronti a morire per difendere il loro onore o per amore della loro donna.

LA CONDIZIONE FEMMINILE NEL MEDIOEVO
Nel Medioevo lo stato d’inferiorità della donna era ritenuto naturale anche dalle donne stesse. Questa condizione d’inferiorità non indicava però un disprezzo: la donna meritava di essere particolarmente riverita ed apprezzata.
La concezione cristiana diceva che se da un lato la donna era ritenuta inferiore perché Eva era stata creata dalla costola di Adamo, dall'altro Maria, rappresentava una delle più alte figure della teologia[2] cristiana.
Nella figura della regina o della nobildonna queste due concezioni si fondevano benissimo. La regina o la nobildonna si trasferiva frequentemente insieme al marito ed era preposta all’intera amministrazione del palazzo, partecipando così anche alla gestione del tesoro reale o signorile. La consorte influiva molto sulla politica del marito.
Era frequentissimo che, la regina o la nobildonna madre, rimasta vedova, tenesse la reggenza del regno o delle proprietà familiari con la massima autorità e il massimo rispetto dei vassalli. La donna poteva disporre personalmente dei propri beni, con l’aiuto di un balivo[3] o di un amministratore, e comunque in assenza del marito a lei spettava la totale gestione degli affari politici e amministrativi.
Seppure la donna avesse considerazione nella vita sociale, le rimaneva l'etichetta di essere debole per natura, bisognosa di protezione e relativamente priva di diritti. La distinzione tra i sessi era ritenuta una condizione naturale.

Il matrimonio
Il matrimonio corrispondeva più all’accordo tra due famiglie per stabilire un vantaggioso legame di parentela - per ragioni politiche o economiche - che all’unione volontaria di due persone e così sarà per tutto il Medioevo.
Molte giovani erano cresciute ed educate all’interno dei conventi prima di essere avviate all’esperienza del matrimonio. I conventi femminili erano sempre stati centri di preghiera, ma al tempo stesso di dottrina religiosa e di cultura: vi si studiava la sacra scrittura, considerata come base di ogni conoscenza, e poi di tutti gli altri elementi del sapere. Spesso però l’avversità di alcuni uomini che detestavano l’idea di vedere le ragazze divenire più intelligenti di loro pretendeva di limitarne l’istruzione.
La sposa portava una dote che proveniva dai suoi parenti mentre lo sposo ne assicurava una alla moglie. Si sposavano giovani: le ragazze in alcuni casi anche a 11-12 anni. Gli sposi potevano avere tra di loro una differenza d’età di 10 anni. Spesso la giovane figlia non osava, per timore reverenziale, rifiutarsi di sposare colui al quale suo padre o la sua famiglia la destinavano.
Le nozze erano riservate quasi sempre alla sola primogenita del feudatario, al fine di non disperdere il patrimonio di famiglia in più di una dote; le altre figlie, anche se prive di vocazione erano destinate al convento. Ma anche la stessa figlia del feudatario aveva due sole possibilità: sposarsi o farsi monaca.
Quanto più alto è il grado di nobiltà del padre, tanto più elevata sarà la carica che esse ricopriranno nel convento sino a raggiungere quello di badessa, il grado supremo della gerarchia ecclesiastica[4] femminile.

La vita di corte
La maggior parte delle donne che vivevano nel feudo erano o contadine o serve. Tra queste ultime, conducevano un'esistenza privilegiata le ancelle della castellana: riunite attorno a lei, ricamavano, cantavano, raccontavano fiabe, partecipavano ai divertimenti e ai banchetti.
Buona parte del giorno era impiegata lavorando. Tutte le donne sapevano cucire, filare, tessere, ricamare. Il nobile signore doveva amministrare le sue proprietà, presiedere le controversie giuridiche, tenere le relazioni con i sudditi mentre i cavalieri si allenavano con le armi. Le donne erano intente all’amministrazione del castello, alla supervisione dei servi, all’organizzazione dei servizi.
La giovane sposa imparava presto ad accettare l'autorità del consorte e a sopportarne l'assenza durante i lunghi periodi di guerra, quando da lui era affidata alla protezione (e alla sorveglianza) di fedeli cavalieri.
Di solito la castellana metteva al mondo numerosi figli, che erano però allevati dalle nutrici.
Il suo compito infatti era piuttosto quello di sovrintendere alle attività domestiche e ai doveri di ospitalità nel castello. Si trattava di intrattenere gli ospiti; filare e tessere tovaglie, lenzuola e vestiti; sorvegliare la preparazione di tutti i cibi che quotidianamente erano consumati dai numerosi abitanti del castello: dare direttive per la produzione della birra e del vino, del burro, dei formaggi, dei prosciutti e persino delle candele.
Inoltre, la castellana amministrava il bilancio familiare. Le spese erano programmate e suddivise tra le varie esigenze: andamento del castello, paghe dei dipendenti, elemosine ai poveri e alla Chiesa, acquisto di stoffe preziose, gioielli e doni.
Se il feudatario cadeva prigioniero, era la moglie che raccoglieva il denaro per il riscatto: comunque, in sua assenza, lo rappresentava in tutte le funzioni. Se poi il marito moriva senza figli, la donna diveniva sua erede, proprietaria delle sue terre: come tale poteva essere nominata vassallo e, nel caso di assedio al castello, lo difendeva insieme ai cavalieri.

La vita quotidiana
Uomini e donne dedicavano abbastanza tempo alla cura e all’igiene personale. Facevano spesso il bagno con sostanze detergenti ed emollienti, si acconciavano con attenzione i capelli. Mangiavano con le mani, in piatti comuni, passandosi l’un l’altro solo il coltello comune per tagliare le vivande. Ossa, avanzi, scarti masticati si buttavano nel piatto da portata e sempre dallo stesso piatto si prendeva un nuovo boccone.
Per organizzare una festa nel medioevo era necessaria un’occasione: un matrimonio, un’incoronazione, il ritorno da un viaggio o da una campagna militare oppure le festività religiose.
La festa cominciava con la celebrazione della messa e poi dalla chiesa si trasferiva nel salone da pranzo dove erano imbanditi fastosi banchetti. Mentre gli invitati mangiavano si esibivano giullari, ballerini, ma anche poeti, trovatori[5] e attori. Ma banchetti, musica, danze e manifestazioni artistiche facevano solo da cornice al momento culminante di una festa: il torneo.
Nelle corti principesche cominciava inoltre a svilupparsi un fenomeno simile a quello della moda che divenne in seguito una componente essenziale della vita di corte.

Indumenti indossati dalla dama medievale
Le donne non indossavano le brache ma talvolta si cingevano il petto con un velo di mussolina[6] a mo' di reggiseno.
La tunica poteva essere di due tipi: quella normale era una semplice veste lunga fino a metà polpaccio, mentre quella composta, comparsa verso il 1180, comprendeva un corsetto[7] aderente, una larga fascia che sottolineava la vita e una gonna lunga aperta su entrambi i fianchi.
Lo scollo era sempre ampio e rotondo, le maniche lunghe e svasate[8] a partire dal gomito. Le tuniche più belle erano di sciaminto[9], col corpetto goffrato[10], la gonna pieghettata sul fondo, adorne di ricami e di galloni.
Per quel che concerne le calzature, la moda prediligeva i piedini minuscoli, i tacchi abbastanza alti, il passo ondeggiante e accuratamente studiato. Il mantello femminile era una pellegrina semicircolare che non era chiusa sulla spalla come quella degli uomini ma sul petto, con alamari e lacci alla cui confezione si dedicava sempre molta cura.
La pettinatura variava secondo l'età: le fanciulle e le donne più giovani portavano i capelli con la scriminatura al centro e due trecce che scendevano sul petto, talvolta lunghe fino alle ginocchia.
Dopo il 1200 la moda delle lunghissime trecce tende a scomparire per lasciare il posto a capelli più corti tenuti fermi da un cerchietto e lasciati fluttuare sulle spalle.
Prima di uscire di casa o di entrare in chiesa ci si copriva la testa con un velo di mussolina di lino o di seta. Le donne adulte portavano una grossa crocchia[11] avvolta in una specie di foulard annodato e sormontato da una banda che cingeva la testa orizzontalmente.
Naturalmente i bei vestiti lungamente descritti nelle opere poetiche o dipinti nei codici[12], si riferivano agli abiti delle feste e non a quelli del quotidiano, quando le donne indossavano lunghe sopravesti di lana grezza.

Una donna del Medioevo: Eleonora d’Aquitania
Eleonora, ricchissima ereditiera del feudo d’Aquitania (nel sud della Francia), fu due volte regina. Quindicenne, andò sposa al re di Francia e qualche anno dopo, sciolto il precedente matrimonio, sposò Enrico Plantageneto, il futuro re d’Inghilterra.
Nelle corti d’Aquitania dov’era cresciuta, Eleonora aveva appreso l’amore per la bellezza, la poesia, i costumi raffinati. Eleonora fu protettrice e ispiratrice della poesia cortese. A lei probabilmente fu dedicato nel XII secolo il poema di Tristano, una tragica storia d’amore e morte, dominata dal destino.



Bibliografia:

Enciclopedia del sapere – 9° volume Fratelli Fabbri Editori.
Enciclopedia “La vita Meravigliosa” – 9° volume Edizioni M. Confalonieri.

Siti internet:
www. medioevo.com
http://www.delfo.forli-cesena.it/
http://www.monteforti.eu/
http://www.romecity.it/

I disegni sono tratti dalle enciclopedie.
Le illustrazioni dai siti internet.
[1] Abbaco o abaco: arte del calcolo, aritmetica – tavoletta utilizzata per eseguire calcoli aritmetici
[2] Teologia: scienze che studia la natura di Dio
[3] Balivo: nel sistema feudale, funzionario nominato dal sovrano
[4] Gerarchia ecclesiastica: complesso delle persone appartenenti alla Chiesa ordinate secondo la loro prevalenza.
[5] Trovatore: poeta rimatore e musico della Provenza.
[6] Mussolina: tela o lana sottile per biancheria
[7] Corsetto: corsé – busto da donna, fascetta.
[8] Svasato: aperto più stretto all’inizio e che poi si allarga.
[9] Sciaminto: velluto.
[10] Goffrato: tessuto con lavorazione in rilievo, conettato.
[11] Crocchia: acconciatura dei capelli raccolti alla nuca.
[12] Codici: libro manoscritto.

2 commenti:

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  2. Troppo lungo però informazioni utili

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